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XXV

Tornata a casa, Denise non si diede pace e iniziò a frugare nel computer. Il risultato fu clamoroso. C’erano lettere d’addio per tutti:
Tutte iniziavano con queste parole:
Questo file dovrà essere mostrato a… nel caso mi succedesse qualcosa.

 

Al cugino Daniele.

Sai, noi non ci assomigliamo. Siamo diversi in tutto, nelle azioni, nel fisico, nel carattere….. c’è solo una cosa tra noi in comune. Ti stai chiedendo forse cosa? Abbiamo avuto entrambi tanti problemi. A parte i tuoi problemi di testa, perché tanto normale non sei mai stato, sto parlando dei tuoi problemi veri, quelli che hanno affrontato la tua famiglia e la mia, quelli che ci riguardano in prima persona e… tutti gli altri. Sicuramente sono cose diversissime, ma penso siano sulle stesse basi o, almeno, in comune si chiamano problemi. Ho scoperto di avere un amico. Il nostro rapporto è fondato soprattutto su litigi, che il tempo ha sempre guarito, rendendo solida, impenetrabile e massiccia la nostra amicizia. Perché spendere tante parole che non c’è brano, non c’è frase, non c’è poema per descrivere tale sentimento.
Sai perché si è amici, amici veri? Perché c’è umorismo, c’è comprensione, perché si è uguali. Tu sei un amico. Sai infine credo che ci assomigliamo molto, noi due.

Bibien

P.S. Nella vita cerca di copiare da tuo fratello (inteso come forza di volontà e non per…. altro) e non da tuo cugino, che pensava di essere speciale, pensava di essere un ribelle, pensava di avere il grande dono della sensibilità, e, forse, quella l’aveva, ma troppa pazzia, troppa vanità e troppa poca forza di continuare scorre nel suo sangue, dato che il cuore lo sprigionava così, ma non per sempre.
Ora ho capito.

Secondo P.S.
Ora te lo posso anche dire, la poesia che scrissi a 10 anni “il silenzio e il nulla” e l’altra, non erano speciali. Cioè erano stupende, ma mi sembrano copiate da “Il niente” di Masini. Forse mi starai insultando, ma ora arriva il complimento. La frase che mi è rimasta in mente, le parole più belle che ho visto in quelle pagine di computer erano: MI PIACE PERCHE’ E’ MIO
MI PIACE PERCHE’ E’ TUO
MA SOPRATTUTTO MI PIACE PERCHE’ E’ NOSTRO.

Ciao
Bibien

 

Alla cugina Viviana

…..Sai cosa apprezzo molto in te? (scusa la mia poca profondità) Sei una delle poche che ride alle mie battute, certe volte incomprensibili, sovente troppo pesanti. Tu ridi e mi incoraggi a dire nuove cazzate (non fartene una colpa).
A parte gli scherzi, ti ammiro molto, tu e tutta la tua famiglia. Vuoi sapere perché? Perché siete una casa! No, non è un offesa, intendevo dire che siete dei mattoni resistenti, insostituibili ed essenziali; stava per cadere un mattone, ma per fortuna ha deciso di mettere un bel po’ di cemento, per far si di non correre rischi. Sicuramente hai capito a chi mi riferivo e certamente la vostra casa non cadrà mai (riguardo alla casa vera invece ho qualche dubbio). Anche io e la mamma siamo due mattoncini, più piccoli, ma formiamo ugualmente una casa, forse più accogliente di altre!

Ciao

P.S. Tu saresti sicuramente più psicologa di me, ma ora che posso, vorrei darti un consiglio. La tua famiglia e te sapete riconoscere bene quali sono le cose buone e quelle cattive. Adolescenza? Immaturità? Confini dei pensieri logici e quindi la pazzia? Non lo so cosa mi sta accadendo, forse sono solo momenti della crescita….Ma se tu vedi in un ragazzo qualcosa di strano, che forse hai già visto in me, ti prego, aiutalo o uccidilo, se non è già morto. Voglio scrivere anche a te una breve poesia con la quale concludo:
Crebbero i peli
Crebbero i baffi
Crebbe la barba
Lui maturò, diventò adulto.
Le mani ruvide invecchiarono,
ma il tempo lo picchiò spesso,
e in breve impazzì.
Pensava al suicidio, ma le sue
Vecchie braccia non ce la facevano.
Morì
Morì all’età di 14 anni.

Ciao Bibien

 

Alla cugina Silvia

Spero che un giorno andrai a Parigi a vedere la tomba di Jim Morrison. Non vorrei proprio fare una fine del genere, non perché è morto, ma perché è morto così….
L’idea della morte non mi spaventa, mi spaventerebbe sapere di non riuscire a fare tutto ciò che ho in mente di fare. Per esempio vorrei fare una lettera a tutti i miei parenti e amici più stretti, una letterina come questa, dove potrei dire tutto e non dire niente, dipende da come si interpretano le frasi.
Mi piacerebbe scrivere un libro, anzi più di uno e un genere diverso per ognuno. Mi spiace di aver parlato solo ed esclusivamente di me, in queste poche frasi, ma sai, ogni tanto, anche tu ti sfoghi con qualcuno. Spero che tra me e te si instauri o comunque si rafforzi un rapporto di intesa. Non riesco a credere che ogni minuto della mia vita, ogni sensazione, ogni cosa che mi capita, tu l’abbia già scoperta da tempo. Con questo non voglio dire che la mia vita è uguale alla tua, o viceversa, ma che solitamente la vita riserva delle sorprese, delle scoperte, dei cambiamenti e, chi prima chi dopo si è costretti a maturare. Così ogni cosa che scopro di nuovo so che tu l’hai già scoperta, probabilmente, e sapresti come comportarti di fronte a certi problemi. Tu che per prima mi hai letto una poesia di Jim, e quindi, di com’è scivoloso essere sensibili. Forse un giorno leggerai un libro dalla copertina liscia, o su dei semplici fogli di carta ingiallita dal tempo, delle frasi piene di significato, o forse con più significati, che il tempo non porterà via, perché saranno pieni di vita, di sentimenti, di storia, ma soprattutto piene di ciò che io sono stato.

Ciao Bibien

 

Per DENISE

Troppe, troppe sono le cose che dovrei dirti in questo caso….Dovrei essere anche molto abile, per riuscire ad esprimere tutto senza commuoverti.
Per prima cosa voglio darti un consiglio, anche se so che solitamente sono i genitori a dare i consigli ai figli e non viceversa. Non lasciarti traumatizzare dalla storia della famiglia, dai problemi e da tutte le cose definibili come veri e propri colpi nello stomaco.
Cosa diceva Jim? Bisogna sempre essere in fase di rivoluzione, lasciarsi andare. Questo consiglio l’hai sempre seguito, forse inconsciamente, ma ora non so che farai.
Come già detto non si può raccontare una vita in poche righe, ma forse posso riassumere.
Immaginami lì con te, mamma, ed io che ti stringo la mano. La mia stretta è forte, ma non fa male, anzi, senti uno strano calore. Quel calore ha un nome proprio: amore.
Questo è il solo ed unico riassunto che si può dare al sentimento che c’è tra madre e figlio, ma non una madre e un figlio qualsiasi: noi. Non importa se rare volte è stato evidente, penso che tu lo sappia. Molti sono i rapporti basati su incomprensione, ma da lì, solo da lì, può nascere un vero affetto.
Non piangere, mamma. Voglio riconoscerti nella donna in gamba, sicura e abile che sei. Spesso non lo capisco, ma poi ci ripenso e sorrido. Io la conosco, io so che c’è, io credo nella sua sensibilità, troppo o poco evidente, non so.
Anche tecnicamente parlando non posso averla presa che da te questa cosa che sento dentro. Cosa? E’ meglio di uno spinello, meglio dell’acqua di sorgente, meglio degli angeli. E’ un modo di vedere le cose al di fuori dell’aspetto fisico, in un modo surreale, ma penso sia il paradiso. Entri nella mentalità di Gesù e di Morrison messi insieme, anche se è un abbinamento assurdo, forse ossessivo, che però ti permette di vedere tutto, allarga la mente, senza l’aiuto o l’ostacolo di qualsiasi allucinogeno. Non mi lascerai mai mamma, come io non lascerò mai te. La morte non è che uno stupido e insignificante muro che invece nella vita può essere più spesso e quindi più pericoloso. Ti prego mamma, non deludermi, resta in te, dimmi che mi capisci. Ora me ne vado mamma, come l’onda sulla spiaggia e se tu mi rivuoi, guarda intorno, guarda di fronte a te, e sui tuoi scogli io m’infrangerò. Quando verrà sera fai il bagno nel mare caldo della mia mano e guarda la luna. E’ bella vero? Allora la tua anima lasciala volare, lascia che si alzi, perché ora hai i miei occhi che si alzano al cielo, come l’alta marea.
Ciao, perché non potrà mai essere un addio.

Bibien

 

Ai compagni di scuola

Vedo cose che non dovrei vedere e viceversa non vedo altre che mi dovrebbero essere chiare.
Non so perché mi era fissa nella mente quest’idea così strana di buttarmi. Un paio di ore fa ero convinto di ciò che avrei fatto. Sarei andato lì, sul balcone più alto del palazzo accanto e poi sarebbe stato affidato tutto al mio coraggio. Probabilmente il coraggio non mi sarebbe mai venuto, ma non ci conterei troppo.
Poi però penso alle parole di un’amica “Il coraggio non è morire, il coraggio è vivere” ho capito che aveva ragione.
Io sono codardo, lo so. Ma ora che tanti amici pensano a me, il codardo è svanito o meglio, sono un codardo senza coraggio. Vi prego urlate, urlate, urlate, ditemi che sono un fallito, che avevate ragione, che non avrei mai avuto il coraggio, che sono una merda. Ma ora non bado a queste cose. Sono cieco. E’ tutto buio, ma prima di guardare come sono esternamente devo guardare me, con il coraggio di andare su quel terrazzo e dire NO, non fa per me. Vorrei solo vedere il tramonto sul mare un’ultima volta, perché da piccolo disegnavo solo quello. Mio padre mi aiutava però; E se oggi disegno il tramonto con la mano destra, traccio l’orizzonte e incontro una mano: è solo la mia mano sinistra che ormai è bianca, cadaverica, senza vita come me.
Aiutatemi a trovarmi
Aiutatemi a trovarmi
Aiutatemi a trovare il Bibien sempre allegro che se ne fotteva se gli moriva il padre e quando pensava fosse morto, arrivava una telefonata ed era lui.
Aiutatemi a tirar fuori tutte le cose che ho visto e ho sentito in ospedale.
Qualcuno lì, dalla nave, mi butti un salvagente, perché possa dimenticare queste acque così fredde. Portatemi via dalla pazzia, che mi sta per baciare, e lo dico veramente.
Portatemi via, perché non voglio sentire più arrivare da lontano il treno, il treno che volevo prendere.
La decisione più grande è già stata presa ed è quella dentro di me. La decisione più grande l’ha presa il capitano di questa nave, fra milioni di navi, che oggi ho scoperto di essere io.
Non sarà un addio
Bibien

 

XXVI

Il dottor Menni osservava la cliente seduta di fronte a lui con fare cupo.
“Ma lei di questo figlio ne ha fatto un cervellotico”
“Non ho fatto niente!” rispose la donna.
“Ha coltivato l’aspetto intellettivo.”
“No, è sempre stato così. fin da piccolo. L’ho sempre definito un sofista, perché sa sostenere una tesi e convincere e il giorno dopo, il contrario, e convincere. Conosco mio figlio, almeno per questa sua prerogativa.”
“E’ chiaro che non ha nessuna intenzione di uccidersi.”
“Si, questo l’ho capito anch’io, ma vorrei aiutarlo e non so come fare.”
“Usi il suo stesso metodo: scriva”
“Scrivere?”
“Si, gli scriva dicendogli che sta diventando adulto e che deve avere il coraggio di vivere da adulto e per questo ci vuole fatica, responsabilità, impegno. Deve abbandonare l’infantilismo, che vuole la mamma tutta per se, eliminare le fantasticherie, essere meno esibizionista, tuffandosi invece nella concretezza di tutti i giorni. Le palle si fanno con fatiche concrete, non scrivendo romanzi al computer.”
Denise guardava la biglia pelata e lucida e si rammaricava dentro di se per aver scelto quel consigliere così brutale. Suo figlio soffriva, e motivi concreti ce n’erano tanti, e lei avrebbe dovuto scuoterlo con ramanzine di quel tipo. Intanto lo psicologo continuava:
“ Faccia il possibile perché accetti di parlarmi, qualcosa gli direi anch’io. Gli dica che apprezzo il suo eccellente modo di esprimersi, la sua intelligenza, ma che sta correndo il rischio di fuggire nell’immaginario. E’ giusto sognare un po’, ma è più importante vivere. E la vita è una dura palestra che richiede fatica costante. Richiede pratica, non solo teoria, rapporti umani profondi non immaginazione.”.
La donna ascoltava ed annuiva ad ogni frase.
“Gli dica anche che non avrebbe mai voluto scrivergli perché sperava di potergli parlare direttamente, ma che comprende come per un’adolescente, sia difficile un dialogo con i genitori.”
Il professionista continuò la sua serie di consigli e Denise si accomiatò con un biglietto sul quale era riuscita ad annotare qualcosa di quanto aveva udito, mentre due grosse lacrime scendevano sulle guance pallide. A malapena riuscì a balbettare:
“Le sue parole mi fanno sempre sentire piccola e incapace, come un uccellino che deve proteggere il nido dalla furia dell’uragano.”
L’uomo, guardandola con profondità, le prese la mano e la trattenne per qualche secondo:
“Lei non è un uccellino impaurito, lei è un’aquila reale. Non si scoraggi, è molto difficile educare un ragazzo.”
Denise non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo. Sentì rifrangersi addosso tutto la virilità che egli emanava. Confusa ritrasse subito la mano. Poi il dottor Menni continuò a parlarle:
“Venga presto a riferirmi qualcosa. Anzi le dirò di più. Questo caso mi interessa molto. Vorrei mi autorizzasse a leggere nelle mie conferenze la lettera ‘Innamorato di un sasso’ naturalmente con la massima discrezione sull’autore.”
“Sarà un piacere, sapere che ciò che scrive mio figlio a suo padre potrà essere utile per ammonire altri padri che più o meno consapevolmente si defilano.”
“A presto.”
All’indomani mattina, mentre Bibien era a scuola, sua madre affidava al computer questa lettera.

Caro Bibien,
quando ti scrive tuo padre sembri il ragazzo più felice del mondo, mentre io ho l’impressione di non farti mai contento. Per questo, invece di parlarti, scrivo. L’altra mattina, prima di uscire di casa per andare a scuola, ti dissi che ci saremmo visti solo la sera perché dovevo recarmi a Desenzano per lavoro e tu hai fatto un’allusione che mi è dispiaciuta. Non è la prima volta, io fingo noncuranza, ma dentro di me qualcosa si strugge.
Sarebbe molto bello, in teoria poter stare sempre vicino a te, come le mamme di una volta o come quelle che non lavorano, ma credimi, finirei per diventare oppressiva e tu non riusciresti a sopportarmi. Di fatto, devo lavorare, non ho alternative, devo fare la spesa, devo sistemare la casa, devo risolvere i problemi che via via si presentano ecc. Ma al di sopra di tutto ci sei tu, spero che lo capisca bene. Non potrei immaginare la mia vita senza di te, e ogni mia aspirazione nasce dal desiderio di offrirti tutto quello di cui hai bisogno per la tua vita attuale e per prepararti a diventare uomo. Forse potresti andare avanti anche senza di me, ma preferirei che tu mi ritenessi ancora utile, visto che ci sono e che ti amo immensamente. Magari il mio affetto non si vede perché spesso ti riprendo e mi lamento di te, ma fa parte del mio ruolo di madre ed unica educatrice della famiglia.
Il mio linguaggio quotidiano si limita alle cose contingenti, ma ciò non significa che non conosca le tue gioie e i tuoi tormenti e che intimamente non li condivida. Le gioie trapelano, i dolori li hai sempre voluti nascondere, forse perché la tua maturità ti fa ritenere che si tratti di un fardello solo tuo. Credi che sia vero? Quando Gesù saliva sul calvario con la croce sulle spalle, Maria lo seguiva poco distante in silenzio. Certo sotto il suo velo piangeva, il peso di quella croce non era sulle sue spalle, ma tutto sul suo cuore. Non posso paragonarmi a Maria, ma come mamma, ti assicuro, che quando so che soffri per qualcosa, anch’io soffro sotto un velo e ti seguo da vicino.
Caro Bibien, fra pochi giorni avrai quattordici anni. Non sei ancora adulto, c’è altra strada da fare, ma è ora di rimboccarsi le maniche e prepararsi a diventare uomini. Non è l’età, certo, che fa di un individuo un uomo, ma se è vero che non tutti diventano uomini con la U maiuscola, vuol dire che il processo non è spontaneo, ci vuole grande impegno da parte dell’individuo e di chi è preposto alla sua educazione. Qualche volta anche i calci in culo servono ad andare avanti. Ci vuole innanzitutto coraggio per vivere da adulto, cioè sapere governare le difficoltà che giorno per giorno nascono e non lasciarsi sopraffare da esse. Ci vuole fatica, impegno, come quando si sale un impervio sentiero di montagna con lo zaino pesante., e questo l’hai provato con gli scout. Ci vuole responsabilità, cioè piena conoscenza di ciò che si affronta e coscienza delle proprie forze e dell’obbiettivo da raggiungere. Ci vogliono fatti concreti, ripetuti giorno dopo giorno, come necessario allenamento per non essere debosciati. Bisogna praticamente “farsi le palle”.
La vita è bella se riesci a prenderla in mano e per quanto possibile, plasmarla secondo la tua volontà, ma bisogna essere capaci. Bisogna passare attraverso un duro allenamento, che purtroppo prescinde dalla teoria a te invece tanto consona.
Farsi le palle, non significa essere palloso, scrivere romanzi, seguire pensieri filosofici altrui, scrivere poesie, cullarsi nei propri dispiaceri, annullarsi nella musica, identificarsi in miti. Farsi le palle significa scendere dalla pianta, rimboccarsi le maniche e fare tutta la fatica che il tuo essere ragazzo di quattordici anni, studente, richiede. Finché non si capisce che bisogna faticare per raggiungere un obiettivo, non si arriverà mai dove si vorrebbe.
Non rimproverarmi quindi se non ti do tutto quello che vuoi. Anche tu devi imparare la fatica di avere quello che serve e se riuscissi, anche di più. Nessuno nella vita ti regalerà qualcosa, e se non saprai prendertelo da solo sarà un continuo fallimento. I genitori servono finché uno è piccolo. Il piccolino vuole la mamma tutta per se, il papà accanto che gli dia coraggio. Ora prova un poco a reggerti da solo, lascia morire quel residuo di infantilismo che ti fa dire “tanto tu non ci sei mai” oppure “compri soltanto profumi per te.” Io ti guardo da poco distante.
Non avrei mai pensato di scriverti, sarebbe più bello parlare, ma per le cose serie tra noi c’è un chiusura dialettica. (però solo dialettica), giustificata anche dall’apparente incomprensione fra adolescenti e genitori.
Ora smetto questo scritto per riprendere il quotidiano. Sarei contenta se mi rispondessi, ma non sei obbligato a farlo.
Tempo fa ho parlato con il professor Menni. Lui si è ricordato di te e del tuo modo di esprimerti, ma soprattutto del tuo spiccato umorismo. E’ difficile incontrarlo perché è diventato direttore di un centro pedagogico ed è sempre impegnato in riunioni, ma è una persona molto in gamba che sa propinarti le sue idee facendoti morire dal ridere. Un po’ come te. Figurati che lui non ha mai sentito parlare di Jim Morrison. Ritengo che bisognerebbe illustrarglielo, per non lasciare questa lacuna ad uno che ha scritto libri sulla psicologia e pedagogia dell’età evolutiva.
Inutile dirti che ti voglio un sacco di bene!!!

La tua mamma

La risposta non si fece attendere.

Cara mamma,
oggi, dopo pranzo, tornando a casa e vedendo una busta a me indirizzata, ho pensato ad una lettera del papà. Mi sono subito accorto che la calligrafia sulla busta non era la sua ed ho creduto che tu l’avessi aperta, letta e subito richiusa camuffando la scrittura. Ti chiedo scusa per aver pensato male ma non è tutto. Ho provato un certo disgusto quando mi sono accorto che era tua, ma penso sia una cosa normale, non essendoci abituato.
Cominciando a leggere ho trovato che soffri un po’ di vittimismo e ho pensato di rispondere al tuo modo dolce di scrivere, freddamente, buttando via la tua lettera.
Fino a qui ho parlato in modo freddo e crudo: l’ho fatto per spaventarti un po’, ma tutto ciò che ho detto è vero. Hai parlato di temi miei o che poco ti coinvolgono. Io ti rispondo parlando un po’ di te.
Quando mi scrive il papà è naturale il mio atteggiamento, forse però tutto non sai di me. Sopra di me c’è l’occhio vigile e attento che osserva le mosse degli uni e degli altri. Egli è giudice di chi mi piace e di chi mi è simpatico e sa distinguere gli amici, i genitori e gli amici genitori. Tu puoi far parte della seconda e, ogni tanto, o forse spesso, della terza categoria. Il papà, solo della prima. Non ti aspettare un linguaggio chiaro da me, perché lo trovo inutile e monotono. Ma ora continuiamo questa lettera che penso sarà lunga. Poco tempo fa ti ho chiesto qualcosa di più, ma penso di essere stato frainteso. Anche se può sembrare insignificante, chiedevo qualcosa di più, materialmente, volevo e vorrei una radio nuova, delle cassette nuove, un letto più grande, delle cassette del game boy e soprattutto degli spiccioli, quando te li chiedo. Prima di commentare, sappi che non volevo essere presuntuoso, chiedendo troppo. Io volevo solo un po’ di normalizzazzione (non so se ci vanno due o quattro zeta), rispetto ai miei amici che talvolta sono nella nostra situazione economica. Ora, ad esempio, ho un astuccio pieno, fra UNI-POSCA ed evidenziatori e mi sento più “pieno” e per questo non pretendo di più, ma un po’, sì.
Stasera è sabato. Tanti miei amici sono fuori. Vorrei anche questa libertà, liberi da questo antico modo di pensare.
Ora parliamo delle cose alle quali credo concretamente, a cui tu ti sei riferita con il”farsi le palle”.
Cominciamo da Jim, del quale tu non hai parlato, ma ti sei unicamente riferita. Mi è piaciuta molto la frase “annullarsi nella musica”. Ciò è talmente vero, ma serve solo ad annullare quello che tu vuoi e non te stesso. Puoi annullare il dolore fisico e morale, puoi annullare dispiaceri riportando la tua mente lucida come non mai. Non è un metodo del tutto mio e anche se lo fosse non mi impedisce di rimanere coi piedi per terra. Non è nulla, si chiama musica allucinogena, c’è solo una differenza. E’ vero anche questa crea dipendenza, dato che per nessun motivo rinuncerei ad essa, ma la differenza è che la musica è in ogni caso positiva e per questo non può arrecare alcun disturbo.
BIBIEN
MORTO PER OVERDOSE DI MUSICA
Te lo vedi?
Non sono contrario al fumo se non è eccessivo ed è normale, naturalmente sono contrario ai cannoni (spinelli) ed in generale a tutte le droghe che generano dipendenza, escluso il fumo normale, come già detto.
Spero di poter continuare con i mie discorsi di pura sincerità, perché credo sia una bellissima cosa fra noi.
Ho parlato del papà, di Morrison ed ora ti dico altre cose che mi hanno dato un po’ noia, nella tua (però) splendida lettera.
Discorso psicologo.
Per quanto sia stato dolce il modo di introdurre questo discorso, non mi hai fatto capire la mia instabilità, bensì la tua. Con freddezza e un po’ di amara delusione ti rispondo che non ne abbiamo bisogno.
Che differenza passa tra prostitute e psicologi? Entrambi piacciono, entrambi hanno bisogno loro di noi (per i soldi) e non noi di loro. Entrambi commercializzano amore e sentimenti e sembrano aiutarti. Se devo andare da uno di loro, con tutta sincerità, preferirei andare da una prostituta.
Ci sarebbe un ultimo argomento ma in questo momento 6 arrivata e devo smettere di scrivere. L’argomento riguarda l’assurda storia di Gesù.
Commento:
PORCO DI…..
Tanto è inutile fingere di essere un santarello. Mi sento più protestante o induista….
Questa ultima pagina la dedico ai saluti e ai ringraziamenti per la tua lettera.
Spero che i miei pensieri siano stati intesi pienamente e niente sia stato frainteso.
Inutile dire che non ti voglio bene, perché tanto non mi crederesti e faresti bene.
Un abbraccio forte
Bibien

 

XXVII

Dalla piega degli eventi si capiva che Bibien aveva assolutamente bisogno di qualcuno che raccogliesse le sue pene. Sua madre allora si decise a telefonare al professor Paolo Carlini, il nipote di Ginetta, del quale conosceva largamente i meriti per i racconti della zia. Un aiuto psicologico vero e proprio non era accettato dal figlio, ma almeno qualche buon consiglio simulato tra una lezione e l’altra, poteva colpire nel giusto. Denise contattò quindi il professor Carlini per accordarsi sulle lezioni:
“Professore, forse le ha già riferito sua zia….”
“Si, me ne ha parlato.”
“Ecco, il ragazzo sta attraversando un periodo delicato. Sarebbe bello se lei riuscisse a farlo parlare ogni tanto,….”
“Io sono un’insegnante, signora, non uno psicologo.”
“Lo so, lo so, non pretendo che lo faccia, ma troverà sicuramente il modo di inserire un momento di dialogo dal quale prendere spunto per qualche riflessione…”
Il sotterfugio le sembrava semplice: anziché spiegargli sempre nozioni di matematica poteva, da uomo adulto qual’era, insegnargli qualcosa anche della vita!
Dall’altra parte del filo la risposta fu:
“Si, d’accordo, ma io, le ripeto, sono un’insegnante.”
“Faccia quello che può, la ringrazio, ci sentiamo più avanti”.
A pochi giorni di distanza il professor Carlini iniziò a dare ripetizioni a Bibien, ma ogni volta incontrando Denise ripeteva:
“Bibien deve studiare, altrimenti è inutile che venga da me.”
Dopo l’ennesima solita filastrocca, in auto, mentre tornavano a casa, la donna sbottò con suo figlio:
“Anche Carlini mi deve dire che non studi!”
Il ragazzo non si giustificò, era ben consapevole delle sue negligenze. Confinando le mani all’interno delle ginocchia, tergiversò dicendo:
“Quei due mi fanno morire dal ridere”
“Chi?”
“Il professore e sua madre.”
“Perché?”
“Durante la lezione continuano a litigare. Sua madre lo chiama ripetutamente: Paoloooo, non hai abbassato l’asse del water, Paolo hai fatto questo, Paolo hai fatto quello. Lui fa una voce da bambino viziato e urla: mammaaaaa, smettila. Oppure le dice qualche parolina poco gentile.”
“E’ ti fa ridere tutto questo?”
“Per come si comportano, più che farmi ridere mi fanno un po’ pena.”
“Va bene, allora visto che non studi è inutile spendere del denaro per queste ripetizioni, gli dirò che non andrai più.“
Gli strilli maternalistici si calmarono di colpo. Quelle fortuite rivelazioni mettevano in luce un aspetto mai considerato. Denise decise in cuor suo di declinare ogni patetico approccio ad un similpadre, calando definitivamente il sipario sul professor Carlini.

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