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Quando Gigì parlava del suo salotto dava l’impressione che parlasse dei “fioretti di San Francesco”! Assumeva quasi l’aria di una missionaria. Più di una volta ebbi l’impressione di vederle spuntare un’areola di santità; alla sua maniera si considerava quasi un benefattrice dell’umanità. Non penso che quel “lavoro” sia stato una sua libera scelta ma, che la sua vita l’abbia, invece, scelto per lei.
La mia amica non amava raccontare di se ed io non le rivolgevo mai domande che riguardassero il suo passato: le volevo troppo bene! Mentre parlava la osservavo, compiaciuta di trovarla ogni volta sempre molto carina: piccola, stretta di fianchi con un bel seno importante, che tanto piaceva agli uomini, capelli corti biondo platino, un po’ mesciati, sempre molto curati, una bocca dal sorriso smagliante e labbra, non carnose, ma sempre ben disegnate, valorizzate da rossetti tendenti al rosso corallo.
Gigì si muoveva in quel suo salotto come una damina del settecento, in armonia con i bei mobili d’antiquariato, sparsi un po’ ovunque; non c’era oggetto in quella stanza che non fosse di estrema raffinatezza: dai piatti disposti con arte alle pareti tappezzate di seta avorio, alle statuine di limonge che occhieggiavano dalla vetrina di un troumon, di ottima fattura, ispirato all’epoca napoleonica, per finire con il salotto, stile inglese, tappezzato in velluto di lino verde-oliva. L’aria, in quella casa, odorava di fiori e di cose pulite.
-Quanti uomini importanti ha conosciuto questo tuo salotto! Quasi tutti avevano la scorta che ci seguiva anche quando andavamo a cena fuori! Non potrò mai dimenticare le risate che mi feci quando, a quel politico, inneggiando con l’ennesimo brindisi alla sua prossima carica, gli versasti l’intera coppa di champagne sui pantaloni macchiandoli vistosamente e, nell’attesa della tua smacchiatura, lo lasciasti in mutande. Ricordo che zompettava su e giù per il salotto, mentre, con voce di chi è abituato al comando, informava l’autista che un incidente diplomatico lo stava trattenendo!-
-Io, invece, non dimenticherò mai lo stupore che provasti quando ti confessai che quel bel “giovanottone”, abbronzatissimo e tutto muscoli, bello come il sole, altro non era che un alto prelato in versione sportiva: quelli sì che erano bei tempi: lavoro, divertimento!-
Concluse Gigì, visibilmente eccitata e io di rimando:
-Per te, era soprattutto divertimento, a te è sempre piaciuto fare all’amore-
Era buio quando la mia amica accese il raffinatissimo lume di cristallo di Boemia, intarsiato di fiori oro zecchino. Con Gigì le ore volavano e il divertimento era, ogni volta, assicurato.
-Tu, sì che sei stata il mio fiore all’occhiello!- Disse Gigì sgranocchiando un pasticcino -I miei amici quando parlavano di te si esprimevano con frasi come “che classe ha la tua amica! Donna di gran fascino!” Qualcuno mi confidò che riuscivi perfino a intimidirlo! E intimidire uno di quegli uomini, abituati al comando, è tutto dire! Quando il tempo di un appuntamento era limitato e non potevo programmare serate con relative cene, chiamavo donne di tutt’altro genere; quelle che quando tornano a casa giustificano il loro ritardo con scuse come “Caro, sono andata a fare la spesa a un supermercato, c’erano delle offerte veramente interessanti, la tua mogliettina ama fare economia! Ne ho fatta talmente tanta in questo mese da potermi regalare questa bella borsa!”. Donne giuste per un’arida ”marchetta”! Ma per le mie cene “importanti” tu non hai mai avuto rivali! In tutti questi anni, quando mi raccontavi delle difficoltà che incontravi nel tuo ambiente, più di una volta ho pensato che se tu avessi seguitato a frequentare il mio salotto, oggi saresti la scrittrice più importante del momento, il che ti avrebbe procurato, oltre alla fama, anche un’ingente ricchezza, cosa che non hai mai considerato! Nel tuo ambiente di letterati, come in ogni altro, la politica può compiere miracoli! Anche i mediocri diventano geni!-
La interruppi:
-Non io, ma tu, se avessi avuto la stoffa della scrittrice, saresti diventata la donna del giorno, avresti immortalato questo salotto per consegnarlo ai posteri. Con i tuoi inconfessabili segreti, oggi viaggeresti con un auto blu, la scorta e un autista personale... se non ti avessero fatta fuori prima! Egoisticamente sono contenta che tu sia rimasta la Gigì d'allora… altrimenti avrei perso un’amica!-
La mia voce perse il suo smalto, quando le ricordai che al tempo del nostro incontro ero una donna malata e confusa, animata da un unico scopo: farsi del male.
Le ripetei, per l’ennesima volta, che la vita a me piace inventarla giorno dopo giorno, senza programmarla, che non potrei dare niente per scontato, che nessun padrone potrebbe essermi congeniale, neanche se mi amasse più di ogni altra cosa al mondo e che la parola ”rimpianto” l’avevo cancellata dal mio vocabolario.
Il pomeriggio aveva ormai dato il passo alla sera, ma noi prolungavamo quell’incontro, da entrambe desiderato, infiocchettandolo con mille aneddoti e altrettanti pettegolezzi divertenti, proprio come due comari che sciorinano i loro panni al sole! Solo il telefono, per tutto il pomeriggio, era rimasto inspiegabilmente muto:
-Gigì hai forse staccato la spina del telefono, o ti sei dimenticata di pagare la bolletta?-
-Da qualche anno, come ben sai, faccio parte della categoria dei pensionati, ho ancora “amici” affezionati che, di tanto in tanto, mi vengono a trovare; vecchi “amici”, un po’ avanti con gli anni e con qualche piccolo vizietto!-
-Gigì, perché uomini che hanno potere, danaro e forse anche l’amore si sentono così miseri e infelici da ricorrere al tuo salotto per elemosinare un’ora d’illusione? Perché?-
-Questa domanda me la rivolgesti già al tempo di Renato ma, oggi come allora, non so risponderti; tutti loro hanno un aspetto così normale e tranquillo! Non ho mai visto infelicità nei loro occhi, ma solo tanta soddisfazione. Gli uomini infelici non avrebbero voglia di venire in questo salotto!- E dopo una breve pausa di riflessione -Forse hanno paura di morire mentre il “desiderio è vita”!-
Rimasi un po’ stupita da quella considerazione, troppo pensata, detta da una donna come Gigì e per non scivolare in un’inutile dissertazione filosofica che non avrebbe approdato a niente, feci l’atto di alzarmi, ma Gigì, prontamente, appoggiò le sue piccole mani, dalle unghie sapientemente laccate, sulle mie spalle e, con un’affettuosa, ma decisa pressione delle braccia, mi fece nuovamente affondare nell’elegante divano di velluto verde-oliva; poi insistette perché restassi a cena ed io restai. Bevvi un bicchiere di vino, mi girò la testa e quando le chiesi se poteva ospitarmi per la notte, lei espresse la sua felicità con dei gridolini a me già familiari e alla mia domanda “se la stanza degli ospiti avesse ancora la tappezzeria azzurra” Gigì, con un tono carico di complicità, mi sospinse verso la stanza, la illuminò con un affusolato lume da terra di ottone brunito a forma di tulipano e, spiando l’espressione del mio viso…:
-Guardala! E’ tutto come allora, la lampadina sul comodino è sempre rossa, proprio come piaceva a te. Vuoi indossare una delle mie camice per la notte?-
-Non amo indossare camicie peccaminose, potrebbero farmi venire cattivi pensieri, preferisco dormire vestita di verginale nudità!-
Fu la mia ultima battuta della serata.
Le palpebre erano diventate improvvisamente pesanti. Gigì capì che era arrivato il momento della buonanotte, mi mandò un bacio, e nel socchiudere la porta disse:
-Sogni d’oro Gazzella!-
E scomparve con il passo discreto e silenzioso che la distingueva.
Mi spogliai frettolosamente, volevo sdraiarmi su quel gran letto, anch’esso tappezzato di damasco azzurro e profumato di cose buone.
La luce rossa mi avvolgeva il corpo, coperto solo da un piccolo slip di pizzo nero, avvertivo quel magico abbraccio che colorava la mia pelle; languidamente supina, sentivo scorrere nelle vene un delizioso senso di totale abbandono; il grande specchio fissato al soffitto proiettava l’immagine di una donna ancora bella: spalle e braccia tornite, seni armoniosi, cosce proporzionate alla rotondità dei fianchi, fondo schiena notevole, vitino da vespa, collo da cigno, capelli biondi e lisci sparsi a raggiera sul cuscino di raso anch’esso azzurro.
Distolsi lo sguardo dallo specchio per guardarmi attorno: quella stanza mi stava riportando indietro nel tempo e un mare di pensieri bussavano per diventare parole mentre un meraviglioso assolo, vibrante di emozioni, mi stava riconsegnando fra le braccia di Renato.
Sul prezioso secreter Luigi sedici, troneggiava un quadro di rose azzurre. Scivolai pigramente dal letto, mi avvicinai al secreter; appoggiata, sulla ribaltina, trovai della carta da lettere pergamenata e prima ancora di capire cosa volessi fare, vestita solo di pelle colorata, iniziai a scrivere stampatello e a caratteri cubitali:

ETERNAMENTE INSIEME IN UN CASTELLO INGLESE

Alcuni versi, creduti dimenticati, bussarono al mio cuore perché li facesse entrare e la stanza si riempì della loro eco:

... Mi penetravi tanto mi stringevi,
mentr’io affondavo dentro te… di più...

Cercai, disperatamente, una nuvola di coriandoli, ma precipitai in un "mare di marmellata".

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