LO SPOSALIZIO

Francesca Santucci
dal libro “Napoli di ieri”

O beato san Pasquale,
mandatemi un marito,
bello, rosso, colorito,
come voi tale e quale,
o beato san Pasquale!
1

Giorgione di Resina, l'odierna Ercolano, non è il nome di un artista rinascimentale o di un illustre esponente di una scuola pittorica dell'Ottocento napoletano, autore di una di quelle belle vedute del golfo di Napoli con il pino marittimo in primo piano ed il Vesuvio col pennacchio che si staglia sullo sfondo del cielo turchino, bensì quello di un simpatico acquaiuolo, nato a Napoli, ma con un chiosco di bibite presso gli scogli del Granatiello, nella vicina Portici, alle falde d’’a muntagna.2
Giorgione era una persona veramente gentile ed affabile, con lineamenti vagamente arabi, testimonianza del miscuglio di cromosomi dovuto all'incontro dei partenopei con quei popoli stranieri in un lontano passato.
Alto, bruno, con un volto già di natura tendente al marroncino, e poi dorato dall'eterna abbronzatura per la quotidiana esposizione al sole, con una cascata di capelli ricci e neri, dalla cintola in giù era snello, con le cosce e le gambe secche secche, dalla cintola in su un po' più pieno, con lo stomaco che sopravanzava la cintura dei pantaloni.
Nel suo piccolo chiosco, tra i limoni d'oro e le arance succose, tra i colorati sciroppi di menta e d'orzata, tra i tamarindi ed i latti di mandorle, le fresche acque di mummere3 ed i lunghi bicchieri allineati, sporgendosi appena, invitava i passanti lanciando il suo bel grido:
-Ue', ue', chi mme vo?-4
E quelli chiedevano:
-Acquaiuò, l'acqua è fresca?-5
E lui rispondeva:
-Manco ‘a neve!-6
Dovete sapere che Giorgione era una vera signora, nel senso che, pur essendo stato concepito e partorito maschio, vuoi perché era orfano di padre e gli era mancato il riferimento maschile, vuoi perché era cresciuto con la madre e sette sorelle, vuoi perché da giovane aveva fatto il parrucchiere e, quindi, per tanti anni era stato a contatto prevalentemente con le donne, vuoi perché l'inclinazione l'aveva dentro fin dalla nascita, a quarantatre anni si era scoperto femmina e aveva deciso di vivere la sua condizione in piena libertà, alla luce del sole, senza nascondersi come facevano tanti che picchiavano pure le loro donne per far vedere agli occhi del mondo che erano dei veri maschi e poi, invece, di nascosto, frequentavano altri uomini.
La fortuna aveva voluto che vivesse tra gente semplice e senza pregiudizi (i napoletani), che aveva accettato di buon grado la sua diversità e che, addirittura, quando Giorgione aveva un nuovo fidanzato, s'incaricava di organizzare per lui la festa di fidanzamento, ed anche lo sposalizio e, poiché lui cambiava spesso fidanzato, era già stato sposato numerose volte. Comunque la cerimonia7 veniva sempre preparata con molta cura.
Alcuni amici che vendevano i panni vecchi al mercato di via Pugliano8 s'incaricavano di reperire l'abito, rigorosamente bianco, i guanti e il cappellino per la sposa e lo smoking per lo sposo di turno.
Il vecchio Michele, detto 'o nonno per via dell'età, ma con una salute ottima, uno spirito da ventenne ed un insolito senso dell'umorismo per un uomo di ottant'anni, s’improvvisava officiante del rito, di domenica mattina, alla presenza di un nutrito gruppo di parenti ed amici, davanti ad una chiesa sconsacrata, con indosso un abito nero ed una tuba d'altri tempi ben calcata sulla testa canuta (abbigliamento alquanto insolito per uno che faceva le veci di un prete, ma che gli stava tanto bene e lo ringiovaniva pure).
Terminata la cerimonia diciamo così… religiosa… celebrata non senza ammiccamenti, risatine, sonore risate e battute piccanti ed ammiccanti allusive al sesso della coppia, salivano tutti su un autobus noleggiato per l'occasione e, in allegra euforia, si dirigevano al ristorante di un amico, quasi in cima alla vetta fatal9, come chiamò il Vesuvio il grande poeta recanatese.
Qui, accolti dalle grida dei bambini del posto “Songhe arrivate 'e femmenelli!”10, si dava inizio al pranzo nuziale, che era solo un pretesto per fare una bella ubriacatura generale con vino di qualsiasi marca purché rigorosamente partenopeo.
E allora tra Falerno e Gragnano, Aglianico e Solopaca, Asprino e Greco di tufo, tra una libagione e l'altra, si festeggiavano pure gli sposi. E le teste giravano e giravano, e tutti i convitati erano allegri e si divertivano, e Giorgione era felice nel suo vestito d'altri tempi di candido merletto un po’ ingiallito, con accanto il nuovo sposo, al quale giurava eterno amore in piena sincerità, perché lui all'Amore ci credeva e sperava davvero che durasse tutta la vita.
Purtroppo non durava mai!
Passati i fumi dell'alcool, consumata l'avventura, lo sposo di turno si dileguava, e Giorgione si ritrovava nuovamente solo perché, bisogna dirlo, in amore non era fortunato, per questo i suoi matrimoni duravano lo spazio di una notte.
L’indomani riprendeva il suo posto dentro al chiosco di bibite, con la solita allegria, ed anche con un po' di malinconia; in attesa di una nuova avventura, che fosse magari l’Avventura definitiva, lanciava ancora il suo grido di battaglia che altro non era che una richiesta d'amore:
-Ué, ué, chi mme vo?-

1) antifona intonata anticamente dalle zitelle, per nove sere di seguito, a San Pasquale protettore delle ragazze da marito. (Matilde Serao, Il ventre di Napoli).
2) il Vesuvio.
3) anfore di terracotta contenenti acque delle antiche fonti del Chiatamone.
4) chi mi vuole?
5) acquaiuolo, l'acqua è fresca?
6) nemmeno la neve è così fresca.
7) il matrimonio.
8) strada che dal corso Resina raggiunge Piazza Pugliano, lungo la quale si tiene un mercatino che nacque nel dopoguerra come mercatino di indumenti usati, di “stracci”, ma dove oggi si vendono capi di abbigliamento nuovo a prezzo contenuto.
9) Giacomo Leopardi, La ginestra, vv.44-45.
10) si allude all’antica usanza del matrimonio dei femmenelli praticata per celia a Napoli, da sempre tollerante verso gli omosessuali. Una volta l’anno si recano in pellegrinaggio al Santuario di Montevergine per omaggiare la Madonna, la cosiddetta Mamma Schiavona, da loro scelta come protettrice. Anche la chiesa si mostra tollerante verso la colorita brigata che, dopo aver pregato nel Santuario, festeggia.

NOTE SUL RACCONTO (vedi "folclore" o clicca qui)