IL
FEMMINISMO FA BENE ANCHE AI MASCHI

di
Monica
Lanfranco
Ci sono giorni nei quali è difficile non scoraggiarsi per come
vanno le cose in Italia, soprattutto riguardo al livello di
superficialità e sottovalutazione del sessismo e della banalizzazione
della violenza maschile sulle donne, nelle parole così come
nei fatti, dallo sport al mondo della comunicazione alla politica,
senza risparmiare nessun ambito, sinistra compresa.
Eppure, poco distante da qui, nella mediterranea e ‘caliente’
penisola iberica, (non quindi in Canada o in Uruguay) c’è un
leader politico che non teme di nominare la parola che tanto
astio e livore scatena nei social nostrani appena emerge: femminismo.
Veramente?
Questo matto si chiama Pablo Iglesias, ha quarant’anni, (come
età in mezzo tra Di Maio e Salvini), è deputato al parlamento
spagnolo per Podemos, partito che ha fondato nel 2014 e del
quale è segretario.
Anzi, lo era fino a qualche giorno fa.Perché da fine dicembre,
terminato il periodo di allattamento, Irene Montero, sua compagna
e mamma di due gemelle nate nel luglio scorso, ha preso il suo
posto alla guida di Podemos, mentre lui ha iniziato a usufruire
del 50% di congedo parentale previsto dalla legge, e tornerà
al lavoro solo a fine marzo. In una recente intervista rilasciata
su youtube
che ha superato le 50 mila visualizzazioni, realizzata in un
contesto molto informale come nel suo stile, il politico risponde
alle domande dello psicoanalista Jorge Alemannel programma Punto
de emancipation e senza esitare dice di essere femminista e
di credere che esista una mascolinità femminista, perché il
femminismo è una proposta politica universale, quindi rivolta
anche agli uomini.
“Il movimento delle donne non si riduce solo alla rivendicazione
dell'eguaglianza - spiega il leader di Podemos - è molto di
più.
È l'antidoto più forte contro i movimenti reazionari. Le donne
sono il carburante che alimenta un nuovo movimento repubblicano
in Spagna, che sarà femminista o non sarà. Il femminismo è l’avanguardia
delle conquiste sociali a livello mondiale”.
In Spagna le settimane di congedo parentale per i padri sono
4, pagate al 100% e prese dal 75% dei padri. E in Italia? Quattro
giorni in tutto, più uno facoltativo da ‘detrarre’ da quello
materno: a tanto ammonta il congedo di paternità retribuito
per i padri italiani (fino all'anno scorso erano appena di due
giorni). Nonostante l'esiguità del periodo concesso per stare
vicino alla neomamma e ai bambini o bambine solo il 30% dei
lavoratori dipendenti ne usufruisce. La media europea dei giorni
di congedo riservati ai padri (nella forma di congedi di paternità
o congedo parentale a loro uso esclusivo e retribuito) è di
ben otto
settimane.
Uno dei problemi, dal mio punto di vista, rispetto alla paternità
per gli uomini giovani è anche la scarsità di modelli ai quali
fare riferimento. In Svezia il fotografo Johan Bavman ha lanciato
il progetto fotografico Swedish
Dads, nel quale ha raccolto immagini di uomini comuni alle
prese con la quotidianità di cura dei figli e delle figlie:
perché c’è bisogno di immagini maschili diverse da quelle, spesso
imbarazzanti, che ancora ammorbano l’immaginario legato alla
incompatibilità degli uomini con lo spazio della cura. Vi eravate
persa, per esempio, la pubblicità del noto snack?
Attenzione a pensare che questo irritante e offensivo ritratto
maschile sia un retaggio del passato: lo scorso anno, in una
scuola superiore nel nord, oltre la metà dei ragazzi di una
quarta classe ha asserito con convinzione che le ragazze sono
per natura portate verso la maternità, mentre loro non saprebbero
che sentimenti provare verso un bambino o una bambina. Perché
l’uomo è per natura portato verso altre cose: il lavoro, fare
i soldi, le attività muscolari, le moto.
Le riflessioni di Iglesias sembrano arrivare da un altro pianeta:
“Sarei arrogante se dicessi che ho risolto i miei problemi con
il patriarcato. Ogni uomo ha dentro di sé un machista, e non
possiamo cavarcela dicendo che siamo il prodotto di una storia
culturale della quale non siamo responsabili. Dobbiamo assumerci,
ognuno di noi, la nostra responsabilità per decostruire questa
situazione e vivere questo cambiamento nella pratica”. Già:
forse, in Spagna però.
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