OPPORTUNITA', DIRITTI, PARTECIPAZIONE
A cura di Francesca Koch

Riflessioni dedicate alla memoria di Anna Lindh

Convegno "Opportunità, diritti, partecipazione a che punto siamo con la cittadinanza europea delle donne?" organizzato da Il Paese delle Donne, Società delle Storiche, Pangea¹s Women, Zora Neale Hurston, in collaborazione con l'AFFI.
L¹occasione del convegno, svoltosi il 25 ottobre 2003, nella Casa Internazionale delle Donne di Via della Lungara a Roma, è data dalla pubblicazione del volume Cittadine d¹Europa Integrazione europea e associazioni femminili italiane a cura di Beatrice Pisa.
Molte e complesse, come è noto, sono le questioni su cui si interrogano politici, giuristi e costituzionalisti. Anzitutto l¹assoluta novità costituzionale del soggetto Europa, che non può essere una semplice riproduzione di modelli già esistenti nella storia, ma chiede uno sforzo di immaginazione e una volontà di sperimentare forme di democrazia in grado di reggere alla globalizzazione.
L'Unione Europea ha anche una sua evidente fragilità, per la mancanza di una classe dirigente, come ha sottolineato recentemente Elena Paciotti, per la mancanza di un demos europeo ( eppure, come è stato detto da più parti, l¹opinione pubblica è ormai un soggetto presente e attivo sulla scena, soprattutto dopo le grandi manifestazioni del 15 febbraio scorso), per il "minimalismo" del progetto politico (Cantaro) che ancora la caratterizza, a fronte di un ampio dibattito giuridico; inoltre sono ancora irrisolte altre delicatissime questioni: la sovranità, la ricerca di un equilibrio dei poteri, secondo opzioni diverse, in senso ³sovranista² e governativo, o nella direzione di un maggiore spazio al Parlamento europeo e alla responsabilità comunitaria; il conciliarsi delle diverse funzioni di governo e di rappresentanza; la definizione dell'identità europea, che alcuni vorrebbero ancorata alle sue tradizioni (la religione?, il mercato?, l'illuminismo?) mentre altri vedono la nascita della nuova Europa nella tradizione resistenziale, nel patto di civiltà che ha unito i popoli europei (e gli esuli dell¹Europa totalitaria) dopo la seconda guerra mondiale, nella comune condanna degli orrori dei totalitarismi e nel rifiuto della cultura nazifascista. Effettivamente, insegnano gli storici, è molto difficile rintracciare origini nette dell¹Europa, e definirne confini precisi: l¹Europa è anzi caratterizzata dall¹essere sempre stato territorio di migrazioni e di scambi, culturali ed economici; la storia della cultura e della politica europea è nella coabitazione degli opposti, la vitalità del sistema Europa è cresciuta sulla pari dignità dei contrasti.
L'Europa potrà aspirare ad essere una "potenza tranquilla", come auspica Todorov, in grado di resistere al delirio imperialista degli USA, vorrà concretamente mettere in pratica i valori individuati nella carta di Nizza, o preferirà impegnarsi in una rincorsa militare, nella costruzione di un esercito di difesa, secondo un modello di ³fortezza², poco condivisibile e poco sostenibile nella storia e nella cultura?
Si tratta, come si vede, di questioni di fondo sul carattere strutturale dell¹Unione Europea , sull'articolazione della rappresentanza (cfr. il recente scontro sui criteri di voto o sulle pretese di unanimità) sulle relazioni internazionali.
Su questi temi si è interrogata ovviamente anche la riflessione femminile che ha privilegiato l'ottica dei diritti di cittadinanza, come concetto chiave e opportunità di partecipazione delle donne: il diritto di piena partecipazione alle conquiste sociali; la combinazione indivisibile dei diritti politici, sociali, civili, per un sistema composito di diritti, doveri, lealtà politiche. I diritti di cittadinanza si confermano lo spazio delle conquiste delle donne; i diritti acquisiti e le politiche sociali , lo sviluppo delle tematiche della parità, anche se solo per la lavoratrice, e quindi solo nel mercato del lavoro, sono innegabili, pur se rimangono ampi motivi di critica alle politiche di welfare che lasciano troppo spazio al libero gioco del mercato. L¹evoluzione del mercato europeo è estremamente contraddittoria, e la crescita della partecipazione femminile al lavoro è in realtà legata all'aumento del part-time.
La preoccupazione, non solo delle donne, è per il deficit democratico dell'UE, per la restrizione della partecipazione politica dei cittadini, e tanto più delle politiche delle donne. C'è preoccupazione per le dichiarazioni sull'uguaglianza della Carta di Nizza, (e per il modo con cui sono state inserite nella bozza di Trattato) che appaiono inadeguate e deludono, come hanno detto, all¹indomani del 20 giugno le donne dell'Europa meridionale, se messe a confronto con le aspettative di democrazia paritaria; appaiono insufficienti le politiche antidiscriminatorie, (pari opportunità e strategie di cambiamento sociale relative), che assimilando l'emarginazione femminile a quella di immigrati e minoranze oppresse, restano finalizzate all'inclusione di "una parte" dei soggetti in un ordine dato, che però non viene assolutamente messo in discussione. La critica femminista ha ormai messo a nudo il falso universalismo delle enunciazioni giuridiche; ha dichiarato che il soggetto di diritti non è un soggetto giuridico astratto, ma che è differenziato per genere, e questo rende evidente la necessità di un'uguaglianza di statuto tra le due componenti dell'umanità, uomini e donne, entrambi soggetti di diritti fondamentali. Il rischio di queste formulazioni, secondo alcune analisi, è di prestare il fianco a derive essenzialiste, e di appiattire la rappresentanza sul dato biologico: è forse più opportuno insistere sull'aspetto pluralista della democrazia, una formula che sembra più rispettosa della pluralità concreta dei soggetti del diritto e della molteplicità di posizioni tra le donne e gli uomini, che presuppone la necessità di integrare non solo il genere, ma anche l'etnia, la religione, la classe, lorientamento sessuale e quindi prepara un concetto più dinamico di cittadinanza.
Il progetto europeo ha costituito a lungo una dimensione politica dominata dal maschile e lontana dagli interessi femminili per la sua prevalente dimensione economico-finanziaria; le donne non comprendono l¹eccessiva burocratizzazione e denunciano lo scarso potere decisionale femminile. L'assenza di un immaginario sociale europeo, di coinvolgimento emotivo, è stata messa a tema, tra le altre, da Passerini e da Braidotti: senza un immaginario coinvolgente sull'Europa è difficile recuperare quel carattere dinamico e di consenso popolare che si ritiene debba integrare il cammino costituzionale.
Pensare l'Europa vuol dire, letteralmente, reinventare la democrazia, vuol dire recuperare quel mito fondativo assente; è essenziale il lavoro di pensare insieme l'Europa, non in termini di potenza o di identità forte (non servono le identità forti, anzi, sono pericolose); le radici dell'Unione europea sono nel progetto del dopoguerra, contro il fascismo europeo, un progetto postnazionalista, cui possono servire d'ispirazione i movimenti femministi, pacifisti, antirazzisti.
La ridefinizione dell¹identità europea deve partire dalla accettazione del declino dell'eurocentrismo "a vantaggio della ricerca delle sue specificità culturali, senza pretendere alla superiorità" ( Passerini); l'identità europea è da ripensare un relazione alla questione della diversità, cioè del genere e delle identità multiculturali, da un punto di vista europeo; un¹Europa in cui per dirla con Rosi Braidotti siamo tutte e tutti in qualche modo "stranieri privilegiati" .
L'impegno per la pace che negli anni ha mosso i movimenti politici femminili, la loro preoccupazione per la tutela dei nuovi soggetti migranti, non sono lontani dalle intenzioni di chi oggi chiede che l'Europa recepisca il ripudio della guerra, affermato nella Costituzione italiana e che, nella lotta alla tratta, si impegni a tutelare i diritti delle persone, più che la difesa dello stato.
Per riattraversare criticamente, la tradizione europea dell'emancipazione e della liberazione femminile, compromessa da molte complicità con l'attuale disordine mondiale, come scrive Lidia Campagnano, è necessario anzitutto un dialogo serrato con le donne che vivono in altri contesti e fanno altre esperienze, a cominciare dalle donne che immigrano in Europa. Ma è necessaria anche una maggiore conoscenza delle aspettative e del lavoro politico della generazione che ci ha preceduto, per sentirci ancorate ad una posizione storica, ed assumercene la responsabilità.
Per questo, nella giornata seminariale che si svolgerà il 25 ottobre nella Casa Internazionale delle donne, sul tema "Opportunità, diritti, partecipazione: a che punto siamo con la cittadinanza europea delle donne?" abbiamo ritenuto opportuno che il dibattito prendesse spunto da una ricerca pubblicata di recente Cittadine d'Europa, integrazione europea e associazioni femminili italiane, a cura di Beatrice Pisa. In questi saggi si dà conto del percorso europeista delle principali associazioni femminili del dopoguerra, della loro originale elaborazione di un¹idea di Europa, del lavoro svolto in preparazione delle prime scadenze europee nei confronti della questione femminile, del loro rapporto con il femminismo.
Abbiamo voluto che la nostra riflessione fosse dedicata alla memoria di Anna Lindh, ministra degli Esteri, uccisa a Stoccolma, perché nella sua opera vivono le nostre speranze per un'Europa aperta alla molteplicità, alla integrazione delle diversità, ai diritti delle donne; nelle sue campagne contro i razzismi e le intolleranze abbiamo riconosciuto le nostre stesse aspirazioni; il dolore per la sua morte così ingiusta e violenta si accompagna al ricordo del suo lavoro e al desiderio di raccoglierne l'eredità.